Calolziocorte, tra giardini botanici e memorie manzoniane

di Luisa Ferrari

Una cittadina dalle origini antichissime e dal nome tanto curioso quanto recente: Calolziocorte, in provincia di Lecco, vanta infatti testimonianze storiche di abitanti nella zona risalenti al 774, derivanti da una pergamena bergamasca. Per contro, il toponimo nasce solo nel 1927, anno in cui i due comuni di Calolzio e di Corte vengono fusi in un’unica unità (a cui si aggiungeranno poi, l’anno successivo, i vicini comuni di Rossino e di Lorentino).

La cittadina si affaccia sul piccolo e suggestivo lago di Olginate, appendice meridionale del lago di Garlate che a sua volta si congiunge a nord con il ramo lecchese del lago di Como: luoghi che uniscono bellezze paesaggistiche a suggestioni storiche e letterarie. Proprio nei pressi di Caloziocorte, a Vercurago, sorge infatti il castello dell’Innominato, che la tradizione ha attribuito al celebre personaggio dei Promessi Sposi e che viene così descritto all’inizio del ventesimo capitolo dell’opera: “Il castello dell’innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d’un poggio che sporge in fuori da un’aspra giogaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che si prolungano anche dalle due parti. Quella che guarda la valle è la sola praticabile; un pendìo piuttosto erto, ma uguale e continuato; a prati in alto; nelle falde a campi, sparsi qua e là di casucce. Il fondo è un letto di ciottoloni, dove scorre un rigagnolo o torrentaccio, secondo la stagione: allora serviva di confine ai due stati. I gioghi opposti, che formano, per dir così, l’altra parete della valle, hanno anch’essi un po’ di falda coltivata; il resto è schegge e macigni, erte ripide, senza strada e nude, meno qualche cespuglio ne’ fessi e sui ciglioni. Dall’alto del castellaccio, come l’aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all’intorno tutto lo spazio dove piede d’uomo potesse posarsi, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto”.

Di fatto i ruderi di questo complesso fortificato, risalente al XIV secolo ma probabilmente di origine alto medievale (XIII secolo), corrispondono molto bene alla descrizione manzoniana: il castello sorge su un’altura calcarea, detta del “Tremasasso” per via della sua franosità, sovrastando dall’alto la piccola frazione di Somasca. La storia della fortificazione è alquanto travagliata e legata principalmente alle finalità militari della costruzione, che risalgono molto indietro nel tempo: si ritiene che già in epoca Carolingia su questa altura fosse stata posizionata una torre di segnalazione, trasformata poi in vera e propria fortezza ai tempi di Federico Barbarossa, intorno al 1158. Dopo un lungo periodo in cui non si hanno notizie sulla struttura (fu probabilmente utilizzata come presidio di controllo durante le lotte con la famiglia Visconti per il dominio del ducato di Milano), dal 1454 il territorio della rocca entra sotto il dominio della Repubblica di Venezia e l’Adda diventa il confine naturale con la Serenissima. Conquistata dai francesi nel 1509, venne da questi ultimi distrutta; e - quasi tre secoli dopo - anche la restante cinta muraria non ebbe sorte migliore, poiché venne squarciata dai cannoni russi nel 1799 durante lo scontro tra le truppe di Napoleone e gli Austro-Russi.

Quello che resta oggi è comunque un luogo di grande suggestione. Il percorso per raggiungerlo è sicuramente meno arduo di un tempo, ma richiede comunque un po’ di impegno fisico: da Somasca è infatti necessario proseguire a piedi lungo la “Via delle cappelle”, un bellissimo percorso panoramico che conduce al Santuario di San Girolamo; da qui si può scegliere se continuare la salita lungo il sentiero, oppure con la direttissima ripida scalinata che parte direttamente dalla destra del santuario. Una fatica ampiamente ripagata: una volta arrivati in cima e superato l’arco che introduce nell’area del castello, si apre alla vista uno spettacolare panorama che spazia a nord verso il ramo orientale del lago di Como, spingendosi all’orizzonte fino alle Alpi, mentre verso sud permette di seguire il corso dell’Adda verso la Brianza; senza contare gli echi letterari evocati dal luogo che vide la prigionia di Lucia Mondella, in uno dei passaggi più memorabili del grande romanzo italiano.

Ma il castello dell’Innominato non è l’unico elemento di richiamo di Calolziocorte, che proprio nel suo centro vanta un’interessante meta per gli amanti del mondo vegetale: il Giardino Botanico di Villa De Ponti, di proprietà della Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino. Il complesso ospita oltre cinquecento specie arboree e arbustive differenti, autoctone ed esotiche, spontanee e coltivate, offrendo l’occasione per scoprire curiosità e aspetti più o meno noti sul regno delle piante. La vegetazione è sviluppata attorno a un viale con andamento ellittico, distribuita ad altezze variabili e alternata a tappeti erbosi, con un attento studio ambientale e architettonico che comprende una parete verticale simile a una balza scoscesa, una valletta di conifere che richiama il bosco d’altura, una siepe di carpino bianco che delimita il parco. A questo si aggiunge l’area dedicata alle piante officinali, aromatiche e da frutta, oltre a una zona che ospita specie mediterranee come il lentisco e la ginestra. Interessante anche la storia della Villa e del suo giardino, che risalgono alla prima metà del ‘900. La villa, di gusto eclettico con qualche richiamo al Liberty, e il relativo parco furono realizzati su commissione della famiglia De Ponti, di origini milanesi e con interessi nel ramo chimico; la loro presenza a Calolziocorte derivava dalla vicina fabbrica dei Sali di Bario, di cui i De Ponti acquisirono il controllo nel 1908 (del grande complesso rimangono tutt’oggi alcuni edifici originari che possono essere osservati dall’esterno e costituiscono un bell’esempio di archeologia industriale, con il palazzo degli uffici in mattoni a vista, altre costruzioni con archi vagamente romanici e mattoni ornamentali e una ciminiera cilindrica con motivi decorativi). Un tempo periferica rispetto all’abitato, la villa (che è anche sede del centro visitatori dell’Ecomuseo della Valle San Martino) è oggi un vero e proprio polmone verde fra case, industrie e parcheggi, che offre un’oasi di tranquillità permettendo al tempo stesso ai visitatori di tutte le età di approfondire le proprie conoscenze sulla natura.

Sempre a proposito di relax, la zona che circonda Calolziocorte offre numerose possibilità agli amanti della vita all’aria aperta, grazie anche alla presenza di una gradevole pista ciclopedonale che, con un anello pressoché pianeggiante di una quarantina di chilometri, consente raggiungere Lecco e di rientrare alla base compiendo il periplo completo dei laghi di Olginate e Garlate. Un percorso che porta ad attraversare l’Adda su un ex ponte ferroviario riqualificato con criteri ecocompatibili e che consente di andare alla scoperta di molti altri punti di interesse di questa affascinante zona: come, proprio nella stessa Calolziocorte, il Monastero del Lavello, sulla riva sinistra dell’Adda, ai margini della Valle San Martino. Si tratta di un complesso monastico che vanta una lunghissima storia: dopo che un’originaria chiesa del Lavello fu distrutta nel 1373 dai ghibellini dei Bernabò Visconti, nel 1480 il luogo divenne meta di pellegrinaggi dopo che, al di sotto di un’antica sepoltura, scaturì improvvisamente una fonte ritenuta miracolosa. Pochi anni dopo fu costruita una chiesa, e nel 1510 si diede inizio alla costruzione di un importante convento; un periodo di prosperità destinato a cessare nel 1629 con le devastazioni conseguenti alla discesa dei Lanzichenecchi, a cui seguì una lunghissima fase di difficile e faticosa ripresa. Fortunatamente, un recente restauro ultimato nel 2002 ha consentito di ridonare l’antico splendore al complesso, che rappresenta oggi una delle mete turistiche del percorso internazionale “Cloister Route”, itinerario culturale-religioso che interessa i territori della provincia di Lecco, di Güssing in Austria e di Leipzig in Germania.

Ultima modifica 28/12/2021